mani d'artista_IVANASORCE

Artista

ivana sorce

biografia

Nata a Roma nel 1951, Ivana Sorce si è affacciata come autodidatta nel panorama dell’arte pittorica italiana dalla metà degli anni ’90 partecipando a mostre collettive nel Lazio e in Abruzzo su temi laici e religiosi. Nel frattempo ha lavorato nel mondo della scuola statale coltivando anche altre arti espressive e musicali. Negli anni duemila ha ripreso a dipingere con nuovo entusiasmo e ha collaborato presso la Quadrarum Art Gallery di Roma supportandone gli eventi e le iniziative, esponendo le proprie opere più recenti.
Privilegia la pittura ad olio ed ha una particolare interesse per il disegno dal vero, l’uso di pastelli ed acquerelli, ultimamente sperimentando anche colori metallici e chiarissimi.

testo critico

Dal ritratto al paesaggio, dalla composizione in dettaglio di materie e forme, di parti del corpo umano, tutto è spunto visivo e gioco di luce cromatica e sogno cangiante. Il messaggio nelle opere di Ivana Sorce è immediato ma anche simbolico, a volte riflessivo e con echi profondi che rimandano a ricordi ancestrali. Le composizioni rievocano equilibri interiori e ricerche di senso che catturano l’interesse di chi guarda.

opere

Accappatoi Animati

Accappatoi Animati

Olio su tela 70x100 (1999)

mosaico d'autunno

mosaico d'autunno

Olio su tela 40x60 (2019)

mani d'artista

mani d'artista

Olio su tela 30x40 (2020)

testi critici

a cura di giovanna bussandri

Due accappatoi animati, usati, appesi  bagnati, il blu e il rosa una chiara connotazione del maschile e del femminile vicini, uniti per le mani. Rivoli d’acqua scendono giù, colano verso il basso. Verso la disgregazione, forse, di ciò che è stato, di ciò che è, reduci di guerra e d’amore. Gli accappatoi sono animati perché sono abitati o lo sono stati, perché rifiutano di lasciarsi penzolare e basta, si tengono per mano, voltano le spalle a chi li guarda, sono appesi ma insieme. Il celeste e il rosa sono anche i colori della nascita; è uso comune infatti “appendere” un fiocco rosa o celeste sui portoni dei palazzi per annunciare il sesso del nuovo arrivato.

Fiocchi appesi come due accappatoi, come la condizione dell’essere umano sin dal giorno della sua nascita. Restiamo appesi alla vita nonostante la disgregazione della giovinezza, lo scorrere del tempo, la malattia, le difficoltà. E questi due accappatoi uomo/donna, un tempo fiocchi appesi di lieta novella, sono vicini eppure separati. È possibile vedere infatti un pomello vuoto tra i due: uno spazio necessario probabilmente. Cos’è che ha impedito ai proprietari degli accappatoi di appenderli uno accanto all’altro senza lasciare uno spazio vuoto? È semplice: troppo vicini non avrebbero modo di asciugarsi, rimarrebbero irrimediabilmente umidi, pesanti quindi vicini, sì ma separati da una distanza che gli consenta di tenersi per mano senza però caricare su di sé, l’uno il peso dell’altro, condividere la condizione di accappatoi appesi ma senza gravare sull’altro il proprio carico grondante d’acqua che hanno assorbito.

Assorbono questi oggetti fatti di spugna o di microfibra, avvolgono, assolvono il loro compito poi rimangono lì umidi, come dopo un atto d’amore, sfiniti, rilassati e con uno spazio di separazione necessario per riprendere fiato, per ritrovare la propria identità dopo un’unione così intensa ma con la volontà di non lasciarsi mai la mano.